Nove mesi fa l’archiviazione del procedimento penale per doping avviato nell’ormai lontano 2016 alla vigilia delle Olimpiadi di Rio. Tre mesi dopo il no del Tribunale arbitrale dello sport di Losanna che gli ha impedito di partecipare ai Giochi di Tokyo. Negli ultimi anni la vita di Alex Schwazer non è stata di certo facile, tra continue delusioni e difficili rinascite. Ciò traspare benissimo dalla sua nuova autobiografia “Dopo il traguardo” pubblicata per Feltrinelli .
Alex Schwazer diventa un campione da giovane, forse troppo giovane: “Il mio vocabolario comprendeva solo due parole, allenamento e riposo. Non avevo un colore preferito o un piatto preferito. Non avevo un passatempo, una passione o un obiettivo che non fossero la marcia”. Poi la medaglia d’oro nella 50 km di marcia alle Olimpiadi di Pechino del 2008 che complica tutto, Alex si logora, è sempre più solo e in preda alla depressione. Va in Turchia e acquista l’eritropoietina, un ormone proibito. A poche settimane dalle Olimpiadi del 2012 arriva il controllo, e risulta positivo. Niente Londra. Niente più sport, forse. Una punizione esemplare, ma che segna un punto di volta nella vita dell’atleta.
Fin dalla copertina, dove si vede l’atleta italiano trionfante, a braccia alzate, come tante volte negli anni l’abbiamo visto festeggiare dopo importanti vittorie, si può comprendere la voglia di rivalsa del marciatore altoatesino, la voglia di raccontare tutta la verità, la sua. La sua infondo è «una storia di cadute e di redenzioni, di rinunce e di rinascite», e forse questa biografia è semplicemente l’ennesima, e forse più importante, rinascita che ci possa essere, mettendo definitivamente un punto sull’oscuro passato che ha fatto soffrire Alex. È proprio lui a raccontarlo presentendo il libro, spiegando come questo sia «un resoconto sincero, schietto e fedele di ciò che mi è capitato», non semplicemente un’occasione per togliersi qualche sassolino dalla scarpa, ma la storia di un uomo che oggi, a 36 anni, sente di aver chiuso un ciclo importante della sua vita.
Nel libro l’atleta racconta anche le pagine più buie della sua vita, focus quindi sul suo “scivolone” nel vortice del doping, narra come in quegli anni fosse completamente cambiato, diventando un’altra persona, non riconoscendosi più. Come tutto questo fosse andato ad influire sui suoi rapporti personali, soprattutto quelli con la sua famiglia e con la ragazza dell’epoca.
«Innsbruck-Vienna, Vienna-Antalya. A Carolina e ai miei genitori ho detto che sarei andato a Roma, alla Fidal — scrive Schwazer — Ho tenuto il cellulare acceso anche di notte, per evitare che partisse il messaggio della compagnia telefonica turca. Ragionavo già da tossico. O meglio, sragionavo. Ed ero pronto a mentire, perché doparsi vuol dire anche mentire»
Alex Schwazer
Dopo il traguardo
Feltrinelli, 2021