
La riedizione de Il deserto di Jorge Baron Biza (pubblicato per la prima volta nel 1998 e oggi riproposto da La Nuova Frontiera) riporta in libreria un romanzo unico, intriso di autobiografia e sofferenza, opera di un autore segnato dalla tragedia. Baron Biza, scrittore argentino nato nel 1942 e morto suicida nel 2001, costruisce un’opera che affronta il dolore attraverso la carne, senza filtri né metafore, in una narrazione che si nutre della grande tradizione letteraria.
La tragedia familiare come origine della narrazione

L’evento centrale, che segna sia la vita dell’autore che quella del protagonista Mario, è l’episodio reale in cui il padre di Baron Biza, durante un incontro legale per il divorzio, sfregia con il vetriolo il volto della moglie. La madre, dopo lunghe e dolorose cure in una clinica milanese, decide di togliersi la vita. Lo stesso destino si ripeterà con la sorella minore e, infine, con lo scrittore stesso.
Baron Biza invita il lettore a non considerare i legami familiari mentre si avvicina al romanzo, ma le linee tra narratore e autore si sovrappongono inevitabilmente. La carne sfigurata della madre diventa simbolo di un dolore impossibile da sublimare, un’immagine che permea l’intera opera.
Un romanzo di carne e solitudine
Nel Deserto, la carne della madre sfigurata viene descritta nei dettagli più crudi: “Le prime settimane niente fu stabile nella sua carne… mentre alcuni settori si svuotavano, altri si gonfiavano come frutti incerti”. Il racconto del degrado fisico diventa metafora implicita del disfacimento psicologico e morale.
Mario, il protagonista, assiste impotente al declino della madre e si perde tra le strade di Milano, alcolizzato e disorientato. In parallelo, vive una relazione con una prostituta che porta a un epilogo tragico, in cui la violenza paterna viene riprodotta come un cerchio che si chiude.
Tradizione e innovazione stilistica
Il deserto è un romanzo di difficile traduzione per il suo linguaggio stratificato, che mescola calchi di diverse lingue, dialetti e registri stilistici. Baron Biza si dimostra uno scrittore abilissimo nel costruire scene intense e strutturalmente complesse, richiamando autori come Thomas Mann, Flaubert e persino Proust, di cui si era dichiarato lettore e traduttore.
Un esempio significativo è l’episodio nella cappella della clinica milanese, dove il discorso del prete sulla carne si intreccia con le chiacchiere frivole di alcune pazienti, creando una scena al contempo comica e tragica.
Un ritorno significativo
La nuova edizione italiana include un saggio del critico argentino Alan Pauls, che sottolinea l’importanza dell’opera. Baron Biza, con la sua unica produzione letteraria, lascia un segno nella letteratura argentina e internazionale, esplorando con lucidità temi come il dolore, la violenza e la solitudine.
In Il deserto, tutto ciò che resta è la nuda verità del proprio essere, la “storia eterogena e grottesca” che l’autore condivide con i lettori, in un confronto ineludibile con l’abisso della condizione umana.