La presenza di sostanze tossiche nei capi di abbigliamento
Negli ultimi anni, è cresciuta l’attenzione verso la possibile presenza di sostanze tossiche nei tessuti utilizzati per l’abbigliamento. Secondo gli esperti del portale scientifico “Dottore ma è vero che…?“, coordinato dalla Fnomceo (Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri), durante la produzione dei tessuti si impiegano numerose sostanze chimiche, alcune delle quali potenzialmente pericolose. Nonostante l’eliminazione graduale di molti composti nocivi grazie agli aggiornamenti normativi, la complessità della filiera e la scarsa trasparenza sulle etichette rendono difficile per i consumatori identificare con certezza la composizione dei capi acquistati.

Metalli pesanti e coloranti: sostanze a rischio
Tra le sostanze più frequentemente utilizzate nel settore tessile figurano metalli pesanti quali mercurio, cadmio, piombo, nichel e cromo, oltre a coloranti e solventi riconosciuti per la loro tossicità. Sebbene la normativa europea limiti severamente l’uso di composti cancerogeni, le informazioni relative alla quantità e alla tipologia degli additivi chimici raramente sono riportate in modo dettagliato nelle etichette dei vestiti.
Filiera globale e controllo limitato
La tracciabilità dei tessuti si complica ulteriormente a causa di una filiera produttiva globale sempre più articolata. Molti capi contaminati provengono da Paesi con controlli ambientali meno stringenti e riescono a entrare nel mercato europeo. La mancanza di una normativa internazionale armonizzata crea differenze significative tra Stati, ostacolando la tutela dei consumatori.
Numerosi studi scientifici hanno evidenziato che l’esposizione a queste sostanze può provocare dermatiti da contatto, irritazioni cutanee e persino effetti cronici dovuti all’accumulo di agenti chimici nell’organismo, con particolare rischio per bambini e soggetti sensibili.

Tessuti naturali e rischi chimici
Contrariamente a quanto si crede comunemente, anche i tessuti naturali come cotone e lino possono contenere sostanze tossiche. Spesso vengono trattati con pesticidi, fertilizzanti e coloranti chimici. La scelta di fornire informazioni dettagliate sulle etichette spetta al singolo produttore. Esistono certificazioni specifiche, come il marchio nickel free, per chi soffre di allergie.
In Europa, la sicurezza tessile è regolamentata dal Regolamento sui tessili, che impone limiti precisi all’uso di sostanze pericolose. Tuttavia, i prodotti importati da Paesi extra UE possono sfuggire ai controlli. Le certificazioni indipendenti come Oeko-Tex o GOTS (Global Organic Textile Standard) rappresentano uno strumento utile, ma sono volontarie e non sostituiscono una regolamentazione rigorosa e uniforme.

Dermatiti e allergie causate dai vestiti
Le reazioni cutanee dovute al contatto con vestiti contaminati possono variare da irritazioni superficiali ad allergie più gravi. Le dermatiti da contatto e allergiche rappresentano le forme più comuni, con una prevalenza maggiore nelle donne (67,8%) rispetto agli uomini (32,2%).
Per individuare l’agente responsabile, i dermatologi utilizzano il patch test, che consiste nell’applicazione sulla pelle di campioni di sostanze sospette come nichel, cromo o coloranti. Dopo 48-72 ore, si valuta la presenza di eventuali reazioni allergiche. La diagnosi tempestiva consente la maggior parte delle volte una cura efficace. Si raccomanda inoltre di lavare i capi nuovi prima dell’uso e di preferire tessuti certificati per ridurre i rischi.
Le sostanze pericolose chiamate “forever chemicals” e l’allarme Pfas
Tra le sostanze più pericolose figurano i Pfas, noti come “forever chemicals” per la loro elevata resistenza alla degradazione ambientale. Secondo la Fnomceo, la loro concentrazione sul suolo si riduce del 50% solo dopo mille anni. Questi composti sono utilizzati per conferire ai tessuti proprietà impermeabili o antimacchia, ma possono accumularsi nel sangue e nei tessuti umani, con possibili effetti negativi su funzione renale e sistema immunitario.
Uno studio dell’Agenzia statunitense per la protezione dell’ambiente ha evidenziato una particolare vulnerabilità nei bambini, con potenziali alterazioni ormonali e cardiovascolari. L’esposizione ai Pfas riguarda non solo capi tecnici, ma anche impermeabili, scarpe sportive e tappezzeria domestica. Oltre al rischio diretto per la salute, questi composti contaminano acqua e catena alimentare, rappresentando una minaccia ambientale e sanitaria.

Come proteggersi dai vestiti tossici
La prevenzione richiede consapevolezza e attenzione nelle scelte di consumo. Gli esperti raccomandano di:
- leggere con attenzione le etichette dei capi;
- preferire marchi trasparenti e certificati;
- evitare abiti a basso costo di origine incerta;
- lavare sempre i vestiti nuovi prima di indossarli;
- scegliere materiali naturali non trattati chimicamente.
Adottare un consumo responsabile e ridurre gli acquisti impulsivi contribuisce a tutelare sia la salute personale sia l’ambiente. Come sottolineano gli esperti: “La salute passa anche attraverso le scelte di consumo“.