Nei 20 anni trascorsi da quando i talebani sono stati cacciati dalle forze guidate dagli Stati Uniti, scrive il Finantial Times, donne e ragazze, specialmente nei centri urbani come Kabul, hanno realizzato alcune libertà più ampie. Secondo l’agenzia di sviluppo USAID, quest’anno sono state iscritte a scuola più di 3,5 milioni di ragazze, ma il paese è rimasto un luogo difficile per le donne in cui prosperare. Le arti sono state un mezzo attraverso il quale alcune donne coraggiose hanno cercato di far sentire la loro voce. Con il ritorno degli studenti coranici circolano interrogativi su cosa accadrà dopo, soprattutto per le donne e le ragazze, a cui durante l’ultimo periodo del governo talebano è stato negato l’accesso all’istruzione e la possibilità di lavorare.
Shamsia Hassani è la prima street artist del paese. Può sembrar strano ma già solo poter apprendere le tecniche dell’arte urbana e avere la possibilità durante questi ultimi anni – prima della disastrosa ritirata delle truppe americane – di poter esprimere la sua arte è stata una vittoria personale e di tutte le donne afghane. Nata in Iran nel 1988 – dove i suoi genitori sono emigrati a causa della guerra – soltanto nel 2005 ha potuto far rientro nel suo paese e studiare l’arte che l’appassionava, riuscendo a studiare all’Università di Kabul e trovare lavoro prima come docente incaricata e in seguito professore associato di scultura presso l’università.
Ha iniziato dipingendo su edifici abbandonati e distrutti dalla guerra per le strade di Kabul, rendendo la sua arte accessibile alle persone impegnate nella loro vita quotidiana e per le quali gallerie e mostre erano una rarità. Ma dipingere in modo così pubblico era pericoloso a causa sia della continua violenza che delle molestie che ha dovuto affrontare come artista donna. La Hassani ha sviluppato quelli che ha chiamato “graffiti sognanti”, una serie di opere che riproducono in forma digitale i graffiti che l’artista immagina per le strade della città o per luoghi non accessibili. Le sue immagini sono un mix di illustrazioni audaci e colorate, spesso ambientate su uno sfondo più scuro e sobrio.
E’ stata coinvolta in molte campagne per i diritti umani in Afghanistan e ha usato i suoi dipinti per informare il mondo sulle vite e le sofferenze del popolo afgano, ha esposto in molti paesi: India, Iran, Germania, Italia e Svizzera e nel 2014 è stata nominata tra i 100 Global Thinkers nel mondo.
Shamsia Hassani è stata anche indicata come esempio di una nuova donna afgana pionieristica, lei stessa in un’intervista ha descritto così la sua scelta di portare le donne in prima linea nel suo lavoro: “Ho cambiato la mia immagine per mostrare il potere delle donne, la gioia delle donne. Nella mia arte c’è molto movimento. Voglio mostrare che le donne sono tornate nella società afghana con una forma nuova e più forte. Non restare a casa. Questa è una donna nuova, una donna piena di energia, che ha voglia di ricominciare“.
Il suo ultimo straziante lavoro si intitola “Death to darkness”, un vasetto con un Dente di Leone cade a terra mentre incombe la figura scura di un uomo armato di fucile. Il fiore si spezza in alcune parti ma il vaso rimane intatto, anche se la ragazza si dispera portando le mani al volto. Gli ultimi lavori di Shamsia restituiscono al mondo tutta l’angoscia delle giovani afgane. L’oscurità che avanza alle loro spalle. Il senso di solitudine ma al tempo stesso anche la forza di resistere, di non voler tornare indietro. Uno dei simboli più presenti nelle sue opere infatti è il Dente di Leone, il fiore che simboleggia la forza, la speranza e la fiducia.
Ma è con “Nightmare” che si può cogliere tutta la drammaticità e la paura per il ritorno dei Talebani, una donna in burqa, con in mano una tastiera di pianoforte, dietro un folto gruppo di soldati teologi che si avvicinano; oppure nella “donna senza velo e senza costumi tradizionali” in cui una donna, con in mano solamente una candela affronta il talebano armato di pistola, entrambi i graffiti fanno sentire direttamente sulla nostra pelle l’ansia delle donne afghane per il futuro.
Ma per Shamsia la sua arte deve essere una testimonianza della forza e della resilienza delle donne afgane, ma anche della loro capacità di continuare a immaginare la speranza. “Voglio colorare sui muri i brutti ricordi della guerra. Se nascondo questi brutti ricordi, cancellerò la guerra dalla mente delle persone. Voglio rendere famoso l’Afghanistan attraverso la mia arte, non la guerra” in questa risposta a chi le chiedeva di raccontare la sua arte c’è tutto il pensiero e la forza dell’artista afgana.