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“Crossroads”: sogni, paure e sensi di colpa percorrono la storia americana

Uscito per Einaudi il 5 ottobre “Crossroads” di Jonathan Franzen, primo capitolo di una saga familiare del Midwest che dagli anni ‘70 arriva fino ad oggi, attraversando mezzo secolo di storia americana che fa da sfondo al racconto.  Si tratta della prima parte della trilogia “A Key To All Mythologies”, titolo che l’autore ha preso in prestito dal celebre romanzo di George Eliot “Middlemarch”.

La storia tratta di una famiglia americana, gli Hildebrandt (il padre Russ, la madre Marion e i loro quattro figli) all’inizio dei tumultuosi anni Settanta: un microcosmo di sogni, paure, rivalità e sensi di colpa. Da una parte l’imperativo antico della legge morale, dall’altra la vita degli esseri umani, emozionante, spaventosa e ingovernabile. Ancora una volta, con l’ironia e l’empatia che sono la cifra della sua letteratura, Jonathan Franzen racconta una storia unica e insieme universale, sullo sfondo di un paese che non ha mai smesso di rifondare i propri miti.

“Non avevo intenzione di scrivere un romanzo in cui Dio avesse un ruolo così importante. – racconta a Repubblica – È quasi un caso che questo sia anche un romanzo sulla fede, diciamo che rappresenta l’1 per cento del libro. Essendo la prima parte di un romanzo lungo decenni, immaginavo che potesse contenere diversi sistemi religiosi. La narrazione parte dai primi anni Settanta, con la religione cristiana che allora aveva un significato molto diverso rispetto a oggi, era ancora compatibile con la politica progressista”.

“All’origine c’è Crossroads, un gruppo giovanile cristiano, mondo che ho conosciuto bene – aggiunge -. Io stesso ho frequentato la chiesa per 12 anni e, come Perry, il figlio di mezzo degli Hildebrandt, conoscevo ogni angolo, ogni porta segreta, ogni passaggio, tutti i ministri. Per me è importante partire da ciò che conosco, da un luogo in cui mi sento a casa. Può sembrare sciocco, ma per me essere un romanziere non significa scrivere ciò che voglio, ma ciò che so scrivere, con il materiale che possiedo. Non mi interessa tanto mettere al centro le grandi domande dell’esistenza, anche se amo Dostoevskij, Flannery O’Connor, l’arte religiosa, la scultura gotica, l’architettura delle chiese romaniche. Mi commuovono, anche se non sono credente. Diciamo che mi sento come un falegname che costruisce mobili e tutto ciò che ha a disposizione sono i pezzi di legno avanzati dal progetto precedente”.

Jonathan Franzen
Crossroads
Einaudi, 2021

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