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La “Canzone di Angelica”: la contemporaneità dei poemi cavallereschi

Giulia Perrone

Capita spesso di pensare a come sarebbero state scritte certe storie antiche, tramandateci per lo più dall’insegnamento scolastico, se i loro autori fossero vissuti in età contemporanea. Avrebbero avuto la stessa risonanza nell’era dei social network, dei videogiochi, del virtuale? Probabilmente no, dato che oggi tutto tende a essere dimenticato troppo in fretta e con molta facilità.

Si può però pensare di poter recuperare queste storie, mettendo in atto un’operazione di semi-riscrittura, per renderle di nuovo facilmente accessibili. Ed è quello che Vittorio Macioce, importante voce del giornalismo culturale italiano, nonché caporedattore del Giornale, prova a fare nel suo esordio narrativo.

Dice Angelica, edito Salani Editore, pone in essere un recupero e un confronto tra i poemi cavallereschi per approfondire nello specifico, da un punto di vista del tutto nuovo ed estremamente contemporaneo, la figura della bella Angelica, protagonista dell’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo e dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto.

Sebbene la famosa fanciulla sia stata il fulcro delle azioni nell’enorme scacchiera dei poemi cavallereschi, per il suo essere costantemente inseguita da tutti, Angelica è sempre stata al contempo condannata a rimanere nell’ombra, a non potersi esprimere in prima persona e far venir fuori il proprio punto di vista, le sue sensazioni e paure.

Nel libro di Vittorio Macioce, fin dalle primissime righe del prologo, Angelica si rivolge direttamente al lettore/lettrice, raccontando come appaia ai suoi occhi la famosa leggenda di Orlando e dell’essere lei perennemente preda da inseguire e trofeo da vincere.

“Di me ti diranno che sono una perdente, una che non sapeva dove andare e troppo in fretta ha rinunciato ai propri sogni. Ho un anello che rende invisibili e permette di distinguere il vero dal falso. È il potere magico più inutile che si possa immaginare. Qualcuno lo vuole? […] Nessuno saprà mai il mio vero nome. Mi chiamano Angelica e questa è la mia storia.”

Raccontando di sé, Angelica racconta anche del suo potere, di quell’anello che è insieme salvezza e prigionia, capace di renderla invisibile agli occhi di tutti se messo tra le labbra e di proteggerla dagli incantesimi se portato al dito. Un anello che le permette anche di “distinguere il vero dal falso, la sostanza dai sogni, il reale dal virtuale”. Non sbaglia Vittorio Macioce quando afferma che l’anello di Angelica potrebbe tornare molto utile ai tempi d’oggi, in cui si è quasi incapaci di distinguere la verità dall’apparenza, il virtuale dal reale appunto. È l’anello che renderebbe la vita più facile e le persone più consapevoli.

La voce di Angelica viene però alternata a una narrazione in terza persona, in cui l’autore racconta o aggiunge qualcosa in più, ripreso o inventato, per far muovere il racconto della fanciulla, presentando e approfondendo anche tanti altri personaggi (Orlando, Medoro, Rinaldo, Sacripante ecc.). Così facendo, l’autore dona un senso e una comprensione maggiore anche a chi non ha una conoscenza approfondita dei poemi cavallereschi su citati.

Anche l’impostazione del romanzo e lo stile di scrittura di Vittorio Macioce hanno un ruolo fondamentale in questo gioco di recuperi e di citazioni, di invenzione e di rimandi. La sua scrittura appare limpida e semplice, nonché, in alcuni punti fortemente ironica. È evidente che dietro alla stesura del romanzo si nasconda uno studio ricco e una ricerca di informazioni approfondite, mescolate senza creare disordine.

Dice Angelica è un romanzo molto scorrevole, complice anche la brevità dei capitoli. Le sue trecento pagine possono coinvolgere il lettore/lettrice a tal punto da farli empatizzare con la figura della donna moderna per eccellenza, fin troppo ignorata in passato.

Non mancano poi riferimenti alla cultura pop, a partire dalla musica, passando per il cinema e per la letteratura; per esempio, è evidente un rimando alla canzone “Per una donna” di Franco Califano, nel momento in cui Alcina, maestra delle metamorfosi che trasforma i suoi amanti in vegetali, durante una conversazione con Ruggiero gli ricorda i versi di una canzone che una volta le ha dedicato un califfo: “Per una donna saremmo pronti a sfidare gli dèi”. Oppure quando Angelica afferma “nessun posto è bello come casa mia” suscita immediatamente il ricordo della piccola Dorothy ne Il mago di Oz. Per concludere, con Dice Angelica Vittorio Macioce dà vita a un romanzo che si rivela perfetto per essere affiancato, al giorno d’oggi, alla lettura e, perché no, allo studio dei poemi cavallereschi classici e intramontabili.

Vittorio Macioce
Dice Angelica
Salani Editore, 2021

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