Di Cristina La Bella
Il 18 febbraio del 1940 nasceva a Pegli, quartiere del ponente genovese, quello che molti considerano l’ultimo trovatore della nostra tradizione letteraria, l’aedo degli emarginati e prostitute, un raffinato conoscitore dell’animo umano. Stiamo parlando dell’indimenticato Fabrizio De André. I suoi album, piccoli grandi capolavori, e le sue canzoni, perle della musica leggera, sono pieni di riferimenti letterari. La «Ballata degli impiccati», ad esempio, è una riscrittura della «Ballade des pendus del poeta quattrocentesco» di François Villon, tra gli autori più amati da Faber. «La guerra di Piero» sarebbe ispirata ad uno dei sonetti più famosi di Arthur Rimbaud, «Le dormeur du val». «La città vecchia» ricalca il titolo di una lirica di Umberto Saba. La stessa «Bocca di Rosa», la sua canzone forse più famosa, trarrebbe spunto da «Brave Margot» di George Brassens. Sull’origine però del brano scritto nel 1967, da Fabrizio De André, con l’arrangiamento musicale di Gian Piero Reverberi, esistono versione contrastanti. Qual è la vera storia della prostituta che fa impazzire gli uomini del paesino di Sant’Ilario? Chi si cela dietro dietro la meretrice che «metteva l’amore sopra ogni cosa»? Con certezza possiamo dire il famosissimo verso “Si sa che la gente dà buoni consigli…” è preso dagli aforismi di Oscar Wilde.
«Bocca di rosa» è presto entrato nell’immaginario collettivo tanto che l’Enciclopedia Treccani a tale voce assegna il significato di “prostituta”. Il brano narra l’arrivo in un paesino di una ragazza che non faceva l’amore per noia, né per professione, ma per passione. Un brano che con sottile umorismo denuncia tra le righe un’Italia bigotta. L’atteggiamento libertino e la bellezza di Bocca di Rosa non lasciano indifferenti gli uomini, parimenti (seppur per motivi diversi) le donne, che invidiose, si rivolgono al commissario di polizia per allontanarla. “E fu così che da un giorno all’altro Bocca di rosa si tirò addosso l’ira funesta delle cagnette a cui aveva sottratto l’osso”, scrive De Andrè. I gendarmi con i pennacchi accompagnano la giovane alla stazione ferroviaria. Alla partenza di lei assistono tutti i maschi del paese. “Spesso gli sbirri e i carabinieri al proprio dovere vengono meno ma non quando sono in alta uniforme E l’accompagnarono al primo treno”, recita il brano. Alla stazione successiva la donna è accolta in modo trionfale tant’è che il parroco la vuole accanto in processione. “E con la Vergine in prima fila e bocca di rosa poco lontano si porta a spasso per il paese l’amore sacro e l’amor profano”, le battute conclusive. Ma chi è la vera Bocca di Rosa? Se ne è discusso molto.
Alcuni hanno parlato di una donna, tale Liliana Tassio, deceduta all’ospedale Villa Scassi di Sampierdarena nel 2016. Paolo Villaggio, amico intimo di Fabrizio de Andrè, genovese anche lui, anni fa dichiarò di non credere però a questa corrispondenza: «Non ho mai conosciuto la Signora Tassio, ma sono moltissime le persone che mitizzano il proprio passato, probabilmente bocca di rosa non esisteva nemmeno». A non condividere quest’interpretazione anche Dori Ghezzi, la vedova del cantautore: «Fabrizio mi ha detto che non era genovese ma una fan che gli aveva raccontato la sua vita. Mi sembra che venisse da Trieste». E ancora: “Era un’istriana bionda, alta, dalla bellezza fredda che da quando era arrivata a Genova per togliersi la voglia di Fabrizio e ridimensionarne il mito, si era fatta quasi tutti i suoi amici, senza curarsi di ciò che altri chiamavano reputazione”. Stando a quanto riferito da «Repubblica» però si può credere alla vicenda di Liliana Tassio. De Andrè con una giornalista si sarebbe lasciato andare a queste dichiarazioni: “È un fatto vero, un episodio che è accaduto a me personalmente nel 1962 a Genova. Il paesino di Sant’Ilario citato nella canzone è in realtà la stazione di Nervi. Fu lì che sbarcò la mia Bocca di rosa …. colei che lo faceva per piacere, per passione, non per denaro”. Chissà… Che ne pensate?