È da poco uscito in libreria Il cane di Falcone per i tipi di Fazi Editore scritto da Dario Levantino, inno alla gioia dell’amicizia anche tra un randagio ed un illustre magistrato, impegnato nella lotta alla mafia ed alla criminalità organizzata. Parabola mai banale o scontata sui buoni sentimenti, sul coraggio e sulla legittima voglia di riscatto e di lotta al male
di Mimmo Cacciola
Può una storia di amicizia tra un bastardino randagio ed un magistrato palermitano che lotta la mafia, essere oggetto di un libro di successo? Certo che può e anzi non possiamo che ringraziare Dario Levantino che con il suo Il Cane di Falcone (Editore Fazi, Collana Le strade, Pagine 180, € 11,40) oltre a regalarci una straordinaria storia di amicizia ed amore, ci lascia le tracce, come briciole disseminate sul cammino dell’esistenza, di un testamento spirituale al quale tutti dovremmo aggrapparci per rendere omaggio al sacrificio di un uomo comune che non ha scelto di essere eroe.
“La storia di un’amicizia speciale – si legge nel risvolto di copertina – tra un cane randagio e il magistrato palermitano. Un romanzo edificante sul valore del coraggio e la forza delle idee che sopravvivono alla morte. Un libro sulla mafia e la figura di Falcone, viste però con gli occhi di un cane. Il cane di Falcone, scrive la sorella del magistrato ucciso dalla mafia assieme alla moglie ed alla scorta, Maria Falcone è un libro in cui la mafia è raccontata in modo originale e mai retorico. L’autore dà al lettore le chiavi per capire una realtà complessa senza mai essere didascalico. E ci insegna che affrontare i propri mostri e sconfiggerli è molto più facile di ciò che temiamo”.
La storia nella sua semplicità, quasi disarmante, è tuttavia di una potenza incalcolabile: come tutte le storie che hanno al loro centro la fissità universale dell’amore, come stella polare, come cuore dell’universo.
“Un cucciolo orfano di madre – leggiamo ancora nel risvolto di copertina – viene raccolto e accudito da un uomo. Quell’uomo è Giovanni Falcone, magistrato impegnato a contrastare la mafia nella Palermo insanguinata degli anni Ottanta. Uccio, più volte scampato alla morte, ha maturato un senso di giustizia che lo spinge a impegnarsi contro la malavita. Ma una notte, mentre si esercita ad affinare il suo latrato, da un palazzo lì vicino scende Giovanni Falcone, che lo accarezza e che, malgrado non possa portarlo a casa, lo accoglie amorevolmente nell’atrio del tribunale di Palermo, dove opera con il suo pool antimafia. Da quel momento, mentre si susseguono i tristi delitti di mafia, tra cane e padrone si instaura un’intensa amicizia, che verrà stroncata solo dal brutale omicidio del magistrato. Alla fine, vecchio e con le ultime forze, Uccio prende dimora nell’atrio del tribunale di Palermo per vegliare la statua del giudice presa di mira dai teppisti, mettendo in atto così la lezione più importante appresa da Falcone: il coraggio. Nel trentennale della strage di Capaci, un racconto commovente e delicato che, con leggerezza e senza toni retorici, affronta un tema difficile e una delle pagine più buie della nostra Storia dimostrando che l’amore e il senso di giustizia possono trionfare su qualsiasi forma di violenza e sopraffazione”.
In questa vicenda piccola con una grande forza, c’è tutto il rammarico di un uomo che aveva sposato una causa fino all’estremo sacrificio. Una volta, durante una intervista, fu chiesto a Falcone perché non avesse avuto figli, questi rispose dicendo che non si mettono al mondo orfani. Nella risposta agghiacciante del magistrato oltre ad esserci una triste e dolorosa verità c’era tuttavia l’enorme rimpianto per non aver potuto gioire del dono della paternità, ovviamente fino all’arrivo nella sua troppo breve esistenza di Uccio.
Dario Levantino è uno scrittore e insegnante siciliano, nato a Palermo nel 1986. Il suo romanzo d’esordio, Di niente e di nessuno (Fazi, 2018), ha vinto il Premio Biblioteche di Roma, il Premio Subiaco Città del Libro e il Premio Leggo Quindi Sono. Con Fazi Editore ha pubblicato anche Cuorebomba (2019).