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Quando vinsi Sanremo Giovani, 11 anni fa, dedicai la mia vittoria a mio padre. Oggi la dedico a mio figlio.

Ti ritroverò così: nei miei gesti e negli odori, nella radio o dentro a un film, nel silenzio e nei rumori.

Un giorno mi sono guardato allo specchio e di fronte a me ho visto il fantasma di me stesso. Mi sentivo debole, sempre più debole. Con un barlume di coscienza sono andato dal medico, che mi ha subito prescritto analisi approfondite. I risultati mi hanno spaventato: i valori erano tutti sballati, il mio fisico si stava distruggendo. A quel punto ho detto a me stesso: “o cambi, o muori”. Ho avuto paura, paura di morire. Sono stato un uomo fortunato, molto fortunato. Avevo tra le mani una grande passione, una passione più grande di tutto, nella quale annullarmi, e che mi faceva sentire vivo, a tratti forte: la musica. E mi sono appigliato a quella.