Di Giulia Perrone
A Firenze con Oriana Fallaci di Riccardo Nencini, edito Giulio Perrone Editore, si propone come un viaggio letterario all’interno di una delle maggiori città del panorama italiano: Firenze. Ma l’intento dell’autore è quello di sorpassare le conoscenze base che ognuno di noi ha di questa città, per scavare più in profondità, facendo scoprire luoghi poco conosciuti, legati in modo particolare a figure invece fin troppo note, tra cui la scrittrice a cui è stata concessa una fetta del titolo del libro in questione: Oriana Fallaci.
Firenze è un mastodonte, va affrontata un pezzo alla volta rovesciando la consuetudine del turista frettoloso. Va masticata con calma, digestione lenta se non vuoi cadere nella banalità. […] Allora bisogna inventarsi una regola: cancellare il già sentito e scavare lontano, da archeologo intuitivo. Tanto del Cupolone sai tutto, del Battistero abbastanza, del Dante poeta conosci almeno l’incipit della Commedia, di Michelangelo e di Leonardo, poi, hai sentito parlare […].
Nel corso della sua storia Firenze ha ospitato i grandi nomi dell’arte, ma non soltanto per quanto riguarda ciò per cui questi artisti sono conosciuti alla maggioranza delle persone; si pensi per esempio a Dante: tutti lo conosciamo come un poeta, il creatore di quell’immensa opera che è la Divina Commedia, eppure Dante è stato anche un soldato, ma questo in pochi lo sanno. Oppure Giotto: il famoso pittore di cui tutti conosciamo una o più opere, ignorando il fatto che è stato anche un usuraio.
Dante, Giotto, Arnolfo, cui si aggiungono presto il Boccaccio e Petrarca. Anticipano di un secolo un secondo ceppo di eccellenze, amici per giunta, che non è raro scovare in un’osteria a rimboccarsi un bicchiere di vino. Brunelleschi, Masaccio, Donatello. […] Brunelleschi schiavo della rabbia accumulata nello scontro col Ghiberti. Giotto geniale col pennello e negli affari. Dante soldato e ambasciatore prima che poeta. Firenze lo conobbe solo in quella veste. […] Tutti, prima di accettare committenze ben retribuite a Roma, a Napoli, a Padova, alla corte di un duca o di un principe, tra quelle mura si fecero le ossa.
Riccardo Nencini in questo libro mette in luce le curiosità più profonde di Firenze e degli uomini e delle donne che vi hanno abitato o soggiornato anche solo per breve tempo.
Per quanto riguarda il riferimento a Oriana Fallaci, il lettore viene guidato alla scoperta dei luoghi della città tanto cari alla scrittrice, ma sconosciuti ai più, luoghi che pullulano di storia e di curiosità.
Oriana Fallaci è appartenuta alla categoria degli “acci”, termine associato a quei particolari scrittori dalla natura ribelle che non hanno paura di esprimersi come meglio credono.
Firenze è la patria degli acci. “Accio”, diminutivo di “cristaccio”. Significato: carattere focoso che si accende per un nonnulla, natura ribelle, tendente alla rissa. Pensa a Malaparte, alla Fallaci, a Montanelli medesimo e tutto si chiarisce. […] Estroversi, irritabili, gelosi. Solo il talento li metteva al sicuro da non farsi spedire all’altro mondo con un colpo di spada.
Una scrittura affilata quella di Oriana Fallaci, che spesso si dimostrava cattiva anche per difendersi dalle numerose critiche che le venivano rivolte per essere stata, in molti momenti della sua carriera, la “prima donna” a ricoprire incarichi importanti, da sempre riconducibili agli uomini, in una società in cui le donne non ne venivano considerate all’altezza, in quanto associate da sempre alla sfera domestica; basti ricordare che è stata la prima donna a partire come inviata di guerra in Vietnam e a lavorare nella redazione del giornale “Il Mattino”. E sebbene lei abbia sempre ritenuto che il giornalismo le abbia dato una via di fuga dalle costrizioni della società, anche il suo rapporto con i giornali non si può dire che sia stato dei più tranquilli. Oriana Fallaci ha infatti sempre tenuto alla sua indipendenza, e da questa volontà non era esclusa la sua carriera da scrittrice; proprio per questo, ha sempre scritto solo ciò su cui realmente voleva scrivere, donando ai suoi lavori quell’elemento di autenticità per cui sempre si è distinta.
Interessanti, per ciò che riguarda lo stile di scrittura della Fallaci, sono le parti del testo in cui Riccardo Nencini discorre del modus operandi della scrittrice fiorentina e dei luoghi in cui si recava a scrivere, facendo fede alle dichiarazioni che lei stessa ha lasciato nel tempo.
Uno stile che raffina scrivendo di continuo, tenendosi su a sigarette e caffè, dopo aver prestato orecchio, già da ragazzina, ai consigli impartiti con fare prussiano dallo zio giornalista, Bruno. Oriana non scrive di getto, non dimentica che «le cose scritte possono fare un gran bene ma anche un gran male, guarire oppure uccidere». Oriana è lenta, cauta, incontentabile. […] In più ha molte manie. Uso parco dei participi perché sennò fanno rima e la prosa è prosa e non è poesia. Uso altrettanto parco di avverbi e infiniti perché rendono la frase ferraginosa e il lettore si annoia. […] Avere il coraggio di non dire tutto perché non si può mai dire tutto […].
Oriana Fallaci era molto legata alla sua carriera giornalistica. Affermò infatti: «Io al giornalismo devo tutto… Ero cresciuta in una società dove le donne sono oppresse, maltrattate: e al giornalismo devo il fatto di aver potuto vivere come un uomo».
A Firenze con Oriana Fallaci, come l’autore ha tenuto a precisare, non è una guida turistica di Firenze, bensì un viaggio all’interno dei sentimenti e degli eventi che meritano di essere conosciuti perché, seppur nel loro essere passati in sordina nella storia del luogo, non può non essere riconosciuto loro un merito per aver contribuito a formare la città.
Un testo, dunque, che non può non essere una fonte di curiosità e che risulterà illuminante in particolar modo a chi non vuole fermarsi a una conoscenza vaga e generica sia della scrittrice fiorentina sia della storia di Firenze, città in cui nacque nel 1929 e morì nel 2006.
Riccardo Nencini
A Firenze con Oriana Fallaci
Perrone, 2021