Realtà sperimentali che sembrano sfuggire a ogni legge, ricerche che portano a scoperte che sorprendono lo stesso ricercatore, il lampeggiare dell’intuizione fisica e matematica: è il mondo indagato da più di cinquant’anni da Giorgio Parisi, vincitore nel 2021 del premio Nobel. Dall’ingresso, nel 1966, all’istituto di Fisica di Roma (dal retro, perché gli studenti dei primi due anni non potevano passare dalla porta principale) al Nobel sfiorato già all’età di venticinque anni, dagli studi pionieristici sulle particelle all’interesse per fenomeni enigmatici come le trasformazioni di stato, dalle riflessioni su come nascono le idee a quelle sul senso della scienza nella nostra società, “In un volo di storni. Le meraviglie dei sistemi complessi” di Giorgio Parisi è un viaggio nella mente geniale di un fisico che ha cercato le regole dei sistemi complessi, perché quelli semplici gli sono sempre sembrati un po’ troppo noiosi. “Le idee spesso sono come un boomerang” dice Parisi. “Partono in una direzione ma poi vanno a finire altrove. Se si ottengono risultati interessanti e insoliti, le applicazioni possono apparire in campi assolutamente imprevisti”.
E così esistono realtà sperimentali che sembrano sfuggire a ogni legge, ricerche che portano a scoperte che sorprendono lo stesso ricercatore, il lampeggiare dell’intuizione fisica e matematica… in questo libro è contenuto il mondo com’è vissuto, visto e indagato da più di cinquant’anni da Giorgio Parisi.
Ecco un estratto del libro*
Quella delle interazioni è una questione importante, anche ai fini della comprensione di fenomeni psicologici, sociali ed economici. In particolare ci siamo concentrati su come ogni componente dello stormo riesca a comunicare per muoversi in modo coerente, producendo un’unica entità collettiva e multipla.
È affascinante osservare il comportamento collettivo degli animali, siano essi stormi di uccelli, banchi di pesci o mandrie di mammiferi.
Al tramonto vediamo gli stormi formare immagini fantasmagoriche, migliaia di macchioline nere danzanti che si stagliano su un cielo dai colori cangianti. Li vediamo muoversi tutti insieme senza urtarsi, né disperdersi, superando ostacoli, distanziandosi e poi ricompattandosi, riconfigurando continuamente la loro disposizione spaziale, come se ci fosse un direttore d’orchestra a impartire ordini che tutti eseguono. Possiamo passare un tempo indefinito a guardarli, tanto lo spettacolo si rinnova sempre in forme diverse e impreviste.
A volte anche di fronte a questa pura bellezza fa capolino la deformazione professionale di uno scienziato e tante domande gli frullano nella testa. Esiste un direttore d’orchestra o il comportamento collettivo è auto-organizzato? Come fa l’informazione a propagarsi velocemente attraverso tutto lo stormo? Com’è possibile che le configurazioni cambino così rapidamente? Come sono distribuite le velocità e le accelerazioni degli uccelli? Come possono virare insieme senza urtarsi? Bastano semplici regole d’interazione tra gli storni per generare movimenti collettivi articolati e variabili come quelli che osserviamo nei cieli di Roma?
Quando sei curioso e vorresti sapere la risposta alle tue domande, incominci a cercare: una volta sui libri, adesso in rete. Quando sei fortunato, trovi le risposte, ma quando le risposte non ci sono, perché nessuno le conosce, se sei veramente curioso inizi a domandarti se non dovresti essere proprio tu a trovare la risposta.
Il fatto che nessuno l’abbia trovata prima non t’intimorisce, in fondo quello è proprio il tuo mestiere: immaginare o fare ciò che nessuno ha mai fatto prima. Tuttavia non puoi passare la vita a cercare di aprire porte blindate di cui non hai la chiave. Prima di partire devi capire se hai le competenze e gli strumenti tecnici che ti permettano di arrivare fino in fondo; nessuno ti può dare la certezza del successo, devi metaforicamente buttare il cuore oltre l’ostacolo, ma se l’ostacolo è così alto che il cuore gli rimbalza contro, allora è meglio lasciar perdere.
Comportamenti collettivi complessi
Il volo degli storni mi affascinava in maniera particolare perché si collegava al filo conduttore non solo delle mie ricerche, ma di moltissimi altri studi della fisica moderna: capire il comportamento di un sistema composto da un gran numero di componenti (attori) interagenti. Nella fisica, a seconda dei casi, gli attori possono essere elettroni, atomi, spin, molecole; hanno delle regole di comportamento molto semplici, ma presi tutti insieme danno luogo a un comportamento collettivo molto più complesso.
La fisica statistica a partire dall’Ottocento cerca di rispondere a domande di questo tipo: perché un liquido a determinate temperature bolle o si ghiaccia, perché certe sostanze conducono la corrente elettrica e trasmettono bene il calore (ad esempio i metalli), mentre altre sono degli isolanti… La risposta a queste domande è stata trovata da tempo, per altre invece continuiamo a cercare.
In tutti questi problemi fisici, riusciamo a capire in maniera quantitativa come il comportamento collettivo emerga partendo da semplici regole d’interazione tra i singoli attori. La sfida era estendere l’applicabilità delle tecniche di meccanica statistica dalle entità inanimate agli animali, quali ad esempio gli storni. I risultati non sarebbero stati interessanti solo per l’etologia e la biologia evolutiva, ma su una scala di tempo molto lunga potevano portare a una maggiore comprensione nelle scienze umane di fenomeni economici e sociali. Anche in questo caso abbiamo un gran numero di individui che si influenzano a vicenda. Bisogna capire il legame che esiste tra i comportamenti dei singoli individui e i comportamenti collettivi.
Il grande fisico americano Philip Warren Anderson (premio Nobel nel 1977) aveva esposto questa idea in un provocatorio articolo del 1972 intitolato More Is Different, in cui sosteneva che l’aumento del numero di componenti di un sistema determina un cambiamento non solo quantitativo ma anche qualitativo: il problema concettuale principale che la fisica avrebbe dovuto affrontare era capire le relazioni tra le regole microscopiche e il comportamento macroscopico.
Stormi di storni
Per spiegare qualcosa, dobbiamo prima conoscerlo; in questo caso ci mancava un’informazione cruciale: dovevamo capire i movimenti degli stormi nello spazio, ma questa informazione non era disponibile all’epoca. Infatti la quantità enorme di riprese video e di fotografie degli stormi che erano a disposizione (si trovano facilmente anche su internet) erano fatte tutte da un solo punto di vista, perdendo qualsiasi informazione tridimensionale.
In qualche modo eravamo come i prigionieri nel mito della caverna di Platone, che vedendo solo le ombre bidimensionali proiettate sulla parete della caverna non potevano afferrare la natura tridimensionale degli oggetti.
E proprio questa difficoltà rappresentava un altro motivo del mio interesse: lo studio del movimento degli stormi era un progetto completo. Comprendeva l’ideazione dell’esperimento, la raccolta e l’analisi dei dati, lo sviluppo di codici informatici per le simulazioni, l’interpretazione dei risultati sperimentali per arrivare a delle conclusioni.
*testo dell’estratto dal sito ibs.
Giorgio Parisi
In un volo di storni. La meraviglie dei sistemi complessi
Rizzoli, 2021