“Senza lo studio non avrei raggiunto alcun traguardo. La scrittura richiede pazienza e dedizione”. Giulia Caminito, vincitrice della cinquantanovesima edizione del Premio Campiello con il romanzo “L’acqua del lago non è mai dolce” (Bompiani), ha sottolineato, fin dalla premiazione a Venezia, come sia fondamentale che le donne abbiano la possibilità di accedere all’istruzione, contro ogni forma di discriminazione di genere.
La scrittrice ed editor romana, 33 anni, finalista anche allo Strega di quest’anno, sarà protagonista, in presenza, della serata inaugurale della XXII edizione di Pordenonelegge mercoledì 15 settembre (Spazio Gabelli ore 21), dopo l’emozionante serata del Campiello di ieri all’Arsenale della città lagunare. Caminito ha ottenuto 99 voti su 270 votanti (30 membri della Giuria dei Lettori – 300 in totale – non hanno espresso preferenze): all’annuncio la 33enne vincitrice è scoppiata in un pianto. “Non mi aspettavo assolutamente nulla, certo non pensavo di vincere. Dedico alle donne il mio premio, perché possano sempre avere la possibilità di leggere e scrivere ovunque”, le sue prime parole, pronunciate stando seduta, perché, ha detto, “ho un problema di salute”.
Laureata in Filosofia politica, figlia unica di genitori ex bibliotecari, la vita di Giulia è impregnata di cultura e applicazione: lettura, scrittura (“ciò che mi piace di più”), studi, collaborazioni varie. Oltre alla sua attività di editor per Giulio Perrone editore. Passioni extra? “Il teatro e il cinema”. Non c’è posto per divagazioni frivole. Va aggiunto che in questo periodo la salute non la sostiene. “Sì, sono costretta a rallentare — confida —. Le gambe sono doloranti e non reggono. La diagnosi non è ancora chiara. Fatto sta che sono venuta a Venezia per la finale del premio, ma con molta fatica”.
Il libro. Giulia Caminito dà vita a un romanzo ancorato nella realtà e insieme percorso da un’inquietudine radicale, che fa di una scrittura essenziale e misurata, spigolosa e poetica l’ultimo baluardo contro i fantasmi che incombono. Il lago è uno specchio magico: sul fondo, insieme al presepe sommerso, vediamo la giovinezza, la sua ostinata sfida all’infelicità.
Al Premio Strega, è stato proposto da Giuseppe Montesano con la seguente motivazione: “È con piacere che presento ‘L’acqua del lago non è mai dolce’ di Giulia Caminito, una storia ambientata nel paese lacustre di Anguillara Sabazia, una provincia italiana simile e diversa da molte altre province letterarie: dove le case popolari si intrecciano alle villette, all’antico centro storico, al lungolago e ai capannoni in uno sviluppo disarmonico che rispecchia e genera le disarmonie del vivere, uno sviluppo malato nel quale si annidano oscuri i conflitti. In questi luoghi narrativi Giulia Caminito dipana i percorsi di una famiglia proletaria dominata dalla potenza e prepotenza di una madre, Antonia, la prima a imporsi sulla scena con uno stratagemma e una protesta degni della migliore tradizione neorealista, quella inventiva degli inizi. Ma autentica protagonista del romanzo è sua figlia Gaia: voce narrante che sembra spuntare dal profondo, e sguardo che smaschera ogni convenzione sociale – pur restando alla fine imprigionata nelle contraddizioni di un benessere sempre inseguito e sempre destinato a sprofondare nella melma. La maturità narrativa raggiunta da Giulia Caminito sta proprio nella voce e nei gesti di Gaia, nella quale la timidezza affilata e la rabbia soffocata vengono nutrite dalla vergogna, la fatica di un’adolescenza sgraziata sboccia in violenza e la tenerezza si deforma in strazio, secondo una scrittura che è capace allo stesso tempo di distanziamento stilistico e di immedesimazione emotiva. E colpisce il modo in cui la Caminito sa cogliere una realtà contemporanea tracciando una parabola sociale che punta inesorabilmente verso il basso: dalla testarda speranza con cui la madre tenta di restare a galla in un mare di ingiustizie, alla sconfitta desolata della figlia che affonda in un’acqua avvelenata dal risentimento, appesantita da miraggi scadenti e da una cultura che promette ma non mantiene”.
La critica. “È impossibile non essere coinvolti e trascinati da questo romanzo di eleganza e maturità fuori dal comune”, scrive Nadia Terranova, Tuttolibri. “Una voce luminosa e potente, come una lunghissima poesia, come non se ne sentono da tempo, davvero da non perdere”, è la critica di Maria Grazia Ligato per Io Donna.
“Una scrittura secca e agra, illuminata da abbagli di breve e intensa prosa poetica”, si legge in un pezzo di Fulvio Panzeri su Avvenire. E ancora: “In un romanzo a tratti visionario e affidato a una lingua corposa, dalla consistenza materica, mentre Antonia resta ‘scolpita nel marmo della sua maternità, Gaia, personaggio capace di suscitare nel contempo solidarietà e profonda avversione per il crescente cinismo, ‘muta come biscia al sole’”, Marzi Fontana, la Lettura.
Alla domanda, infine, “quanto c’è di Giulia Caminito nella figura di Gaia”, risponde: “Fortunatamente la mia famiglia è altra. È pur vero, però, che se guardo all’adolescenza, ai desideri di allora, quando ci scambiavamo le t-shirt tra amiche, mi ritrovo nel disimpegno e nei desideri di piccolo cabotaggio. Inoltre, mi rivedo in qualche tratto caratteriale. Oggi è diverso. Mi sembra che da parte delle ragazze vi sia risveglio, presa di coscienza”.