«la poesia, […] poteva così, senza mettersi in concorrenza con la storia, cercare di integrarla, restituendo quello che era andato perduto.
(I. Becherucci, Gli amici Brusuglio, p. 25)
di Ida De Michelis
Quello che la grande storia spesso rischia di non riportare, talvolta con intenzione, tal’altra semplicemente per incuria, in questo libro prova ad essere raccontato, attraverso una trama tanto iper-documentata quanto fantasiosa.
L’autrice, italianista, studiosa di Manzoni, ha deciso di immergere le proprie competenze scientifiche nell’universo della finzione romanzesca, generando questo cortocircuito tra differenti livelli di referenzialità letteraria, capace di riattivare, nel lettore forse disamorato dal Manzoni scolastico, la curiosità per un uomo e un autore fondamentale per la nostra cultura letteraria, riscoprendone l’innovazione rivoluzionaria cauta ma profonda. Grazie alla letteratura, insomma, viene restituita voce al non detto, all’inessenziale che diventa fondamento storico di azioni e fatti, documento di verità.
Dello scrittore lombardo ci restituisce così un ritratto inedito e a tutto tondo, ottenuto grazie ai mille sguardi su di lui: Alessandro Manzoni viene posto al centro del cenacolo dei suoi affetti più intimi, le sue donne, la madre, Giulia Beccaria, e la moglie, Enrichetta Blondel, e i suoi amici più cari, gli amici di Brusuglio del titolo, appunto.
Alessandro Manzoni appare sempre protetto, schermato e insieme riflesso in un racconto nel racconto in cui il gioco dei piani narrativi dialoga continuamente con le conoscenze letterarie del lettore, da una parte, con la Storia e la finzione, dall’altra.
La storia del Risorgimento italiano, della lotta dei carbonari contro la feroce repressione austriaca, della letteratura di quegli anni e della censura, e in particolar modo dell’opera manzoniana, acquisiscono corpo romanzesco grazie alla penna di un misterioso estensore. Ed ecco allora emergere un secondo livello per il quale il libro può essere definito manzoniano: la ripresa dell’espediente del manoscritto ritrovato, che dona al testo uno spessore ermeneutico ulteriore. A questo doppio livello viene affidato il messaggio forse più sovversivo dell’intera operazione narrativa proposta: quello delle testimoni donne di una storia fatta da uomini, che si rivelano perno, privato e pubblico, di quella stessa storia e che rivendicano in modo determinato la propria libertà di giudizio sui fatti a cui assistono.
In quella soglia tra realtà e finzione, il rigido giudice Antonio Salvotti, firmatario di aspre condanne rivolte a carbonari e intellettuali antiaustriaci e destinatario di una denuncia infamante contro Alessandro Manzoni, decide, morendo, di lasciare al figlio ribelle e rivoluzionario proprio il manoscritto anonimo de Gli amici di Brusuglio. Tramite tale cornice narrativa viene affidato implicitamente ai lettori e alle lettrici reali, il testimone di questo sguardo alternativo sulla storia: e chi oggi legge questo romanzo sarà allora coinvolto nella ricostruzione e nel giudizio su quei personaggi che contribuirono a formare l’Italia anche, e proprio, attraverso la bellezza della verità dell’invenzione poetica.
Isabella Becherucci
Gli amici Brusuglio
Giulio Perrone Ed., Roma 2021, p. 374