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“Io non ci volevo venire”, il racconto del quotidiano tra intrighi e mafia

Un romanzo divertente, ironico, a tratti tenero nel dipingere la sua Palermo, la sua Sicilia. Dopo “L’estate del ’78” e “Carne mia”, Roberto Alajmo propone il divertissement “Io non ci volevo venire”, in cui il protagonista Giovà Di Dio, quarantenne ingenuo e impacciato, vive un’esistenza scandita dagli umori della furba madre Antonietta, della sorella Mariella, della zia Mariola e della vicina di casa Mariangela.

La narrazione so svolge tutta tra Mondello e Partanna, tra i fili invisibili e resistenti del passato che legano la vita quotidiana della gente alla trama di rapporti mafiosi, che danno e prendono a seconda delle occasioni, delle contingenze, delle convenienza. Giovà, supportato da sua madre, per esempio, ha ottenuto un posto di guardia notturna nell’agenzia non proprio limpida del ragionier Piscitello grazie all’interessamento di quel rispettatissimo signore che siede ogni giorno al Bar Cristallo, sempre sulla stessa sedia e circondato di gente che un po’ si lega a lui e un po’ lo teme, il dottor (che non è) Zzu, senza il cui benestare nella zona non accade nulla.

Quando quel favore pare dimenticato, invece Zzu si ricorda proprio di quell’imbranato e incapace di Giovà, lo manda a chiamare e gli affida, come fosse un vero poliziotto, l’incarico di indagare sulla morte di una ragazza, Agostina Giordano, finita e presumibilmente gettata in un dirupo con la sua auto di servizio da guardia forestale. La prima ipotesi è che ci si sia rivolti a lui proprio perché in realtà non si vuole venga scoperto alcunché. Poi si capirà invece che è stato spinto e verrà trascinato sempre più in una sorta di ginepraio, di sabbie mobili che sembrano invischiarlo via via, con l’entrata in gioco dei figli di Zzu, Giampaolo e Silvana, e infine la sparizione di un noto eremita del monte Gallo.

Giovà finisce in mezzo ad un vortice di eventi che non sa gestire, attraverso un’indagine che conduce in modo quasi grottesco, pirandelliano, supportato però sempre dall’attiva presenza femminile di casa sua.

Il romanzo è costruito in un susseguirsi di colpi di scena che via via cambiano, confondono, illuminano l’indagine, ma in realtà è solo il filo rosso attorno a cui si snoda il godibile, divertente racconto del quotidiano del paese e del ritratto di questa famiglia “impercettibilmente borghese”, di quella borghesia che negli anni, a partire dal dopoguerra, in Sicilia si è livellata allo stesso tempo verso l’alto e verso il basso. Verso l’alto magari per le risorse economiche, verso il basso per tutto quanto riguarda il resto”. E naturalmente Alajmo gli dona la scrittura giusta, quasi affabulatoria, confidenziale, ironica e coinvolgente e con quel tocco dialettale che non è solo colore, ma eco di tutto un mondo.

Roberto Alajmo
Io non ci volevo venire
Sallerio Editore Palermo

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