
La trasmissione Ore 14 Sera, condotta da Milo Infante, ha riacceso il dibattito sul caso Garlasco, uno dei processi più controversi degli ultimi quindici anni. Nel corso della puntata, l’avvocata Giada Bocellari, difensore di Alberto Stasi, ha risposto alle critiche della criminologa Roberta Bruzzone, portando alla luce nuove testimonianze e documenti che mettono in discussione alcune interpretazioni consolidate dell’opinione pubblica.

Confronto acceso sul materiale trovato nel computer di Stasi
Il dibattito si è focalizzato su un elemento centrale: il materiale pornografico rinvenuto sul computer di Stasi. Bruzzone aveva definito questo aspetto “cruciale” per la valutazione psicologica dell’imputato, mentre la difesa ha contestato l’uso probatorio di tali contenuti, sostenendo che non hanno alcuna rilevanza rispetto alla sentenza per l’omicidio di Chiara Poggi.

Bocellari ha sottolineato come il caso sia stato influenzato da pregiudizi mediatici, affermando che Stasi è arrivato in aula già considerato colpevole. Ha criticato la narrazione dominante che si è concentrata esclusivamente sulla figura del “fidanzato assassino” senza considerare altre piste investigative.
La presentazione della cartella clinica psichiatrica di Stasi
Durante la trasmissione, l’avvocata ha mostrato una cartella clinica psichiatrica completa, mai prima d’ora divulgata, redatta durante la detenzione di Stasi a partire dal 2015. Questo documento contiene valutazioni e relazioni di equipe che, secondo la difesa, potrebbero modificare la percezione pubblica e giuridica del caso.
“Questa l’ha letta? Stasi mi ha autorizzato espressamente”, ha dichiarato Bocellari, riferendosi a precedenti citazioni di video definiti “raccapriccianti e violenti” dalla stampa, contestandone la correttezza e la completezza dell’informazione divulgata.

Il dibattito sulle responsabilità della narrazione mediatica
La legale ha sfidato Bruzzone a pubblicare l’intera cartella clinica, inclusi dati sensibili, per dimostrare la completezza e la trasparenza dei fatti. La criminologa ha risposto negando qualsiasi distorsione e ha precisato di aver citato esclusivamente fonti giornalistiche autorevoli.
Lo scambio ha evidenziato la tensione tra il ruolo dei media nel costruire narrazioni giudiziarie e la necessità di un’informazione precisa e contestualizzata, soprattutto in casi così delicati e controversi.

Nuovi sviluppi investigativi e piste aperte
Parallelamente al confronto televisivo, emergono nuovi movimenti investigativi a Milano, con approfondimenti sui dispositivi digitali di Stefania Venditti, testimone chiave nel processo. Inoltre, la versione di Lovati sulle cosiddette “indagini preventive” sta riaprendo questioni ancora irrisolte, mantenendo il caso Garlasco come un dossier giudiziario in continua evoluzione.
Questi sviluppi confermano come, nonostante la sentenza definitiva, la vicenda continui a generare riflessioni e tensioni sia nell’ambito giudiziario che nell’opinione pubblica, con la televisione che si conferma un importante strumento di confronto e dibattito.