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È morto il “Maestro dell’avventura”, Wilbur Smith ci lascia a 88 anni

“Questo pomeriggio, nella sua casa di Città del Capo, dopo una mattinata passata a leggere e scrivere con sua moglie Niso al suo fianco, l’autore di bestseller globale Wilbur Smith è morto inaspettatamente”. È questo l’annuncio dato sul sito web personale dello scrittore ieri sera. Per oltre mezzo secolo i suoi romanzi hanno conquistato i cuori di milioni di lettori, vendendo oltre 140 milioni di copie in più di trenta lingue. Il successo arriva con “Il destino del leone” nel 1964. Molti dei suoi romanzi sono ambientati in epoche passate, concentrate principalmente tra il XVI e il XVII secolo, racconta la sua terra natale, l’Africa. Ci lascia ad 88 anni il maestro indiscusso e inimitabile della scrittura d’avventura.

Dopo il successo del primo libro ha iniziato a dedicarsi esclusivamente alla scrittura pubblicando più di quaranta bestseller, sempre supportati da ricerche raccolte nel corso delle sue lunghe spedizioni in tutto il mondo. Nel 2015 ha fondato la Wilbur & Niso Smith Foundation, con la quale si propone di incentivare gli scrittori, promuovere la cultura e sostenere la narrativa d’avventura. Fiore all’occhiello della fondazione è il prestigioso Wilbur Smith Adventure Writing Prize. Tra i suoi maggiori successi anche “La spiaggia infuocata”, “Il dio del fiume”, “Il settimo papiro”, “Come il mare” in cui spiega l’ascesa e l’influenza storica dei coloni inglesi e olandesi in Africa

La sua serie più venduta “Courtney”, la più lunga nella storia dell’editoria, segue le avventure della famiglia omonima in tutto il mondo, attraversando generazioni e tre secoli, attraverso periodi critici dagli albori dell’Africa coloniale alla guerra civile americana e all’era dell’apartheid in Sud Africa.

«Nei 49 romanzi che Smith ha pubblicato fino ad oggi, ha trasportato i suoi lettori nelle miniere d’oro in Sud Africa, pirateria nell’Oceano Indiano, tesori sepolti nelle isole tropicali, conflitto in Arabia e Khartoum, antico Egitto, Germania e Parigi della seconda guerra mondiale, India, Americhe e Antartide, incontrando spietati commercianti di diamanti e schiavi e cacciatori di grossa selvaggina nelle giungle e nella boscaglia delle terre selvagge africane» continua la nota che ha dato l’annuncio della morte. «Credeva nella ricerca profonda, confermando meticolosamente ogni fatto e aderendo al consiglio del suo primo editore, Charles Pick alla William Heinemann, di “scrivere delle cose che conosci bene”».

Ma nella sua vita non c’era solo la scrittura, era un cacciatore di selvaggina grossa, ottenne il brevetto da pilota ed era un subacqueo. Gestiva la propria riserva di caccia e possedeva un’isola tropicale alle Seychelles. «La sua vita, dettagliata nella sua autobiografia, “On Leopard Rock”, è stata commovente e piena di incidenti come tutti i suoi romanzi» si legge sul sito. Ha preso il nome da uno dei fratelli pionieri del volo aereo Wilbur Wright, il padre Herbert Smith era un lavoratore della lamiera, è stata sua madre più incline all’arte, Elfreda, «che ha incoraggiato il giovane Wilbur a leggere artisti del calibro di CS Forester, Rider Haggard e John Buchan» si conclude la nota pubblicata dal sito web personale. 

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