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“Come avete visto…”. Delitto Garlasco, l’annuncio che fa discutere: la posizione del legale della famiglia Poggi

Nel complesso quadro giudiziario che riguarda il delitto di Garlasco, consumatosi il 13 agosto 2007 con la tragica morte di Chiara Poggi, si riaccende il dibattito attorno a uno degli elementi più controversi dell’inchiesta: l’impronta palmare 33, rinvenuta sul muro della scala dell’abitazione della vittima. L’avvocato Gian Luigi Tizzoni, rappresentante legale della famiglia Poggi, insieme al collega Francesco Compagna, contesta la Procura per il mancato accoglimento della richiesta di estendere l’incidente probatorio anche a questo elemento cruciale.

“Quanto affermato dai consulenti della difesa di Stasi dimostra che sarebbe stato doveroso da parte della Procura accogliere la nostra richiesta di far estendere dal Gip l’incidente probatorio anche all’impronta 33”, ha dichiarato Tizzoni, evidenziando come la posizione della Procura sembri più orientata a tutelare il condannato Alberto Stasi che a perseguire la verità. Questa presa di posizione segue il rigetto da parte del giudice della richiesta avanzata dai legali della famiglia Poggi e il successivo deposito di una consulenza tecnica di parte, in netto contrasto con quella dei consulenti del pubblico ministero.

Nuovi sviluppi sull’impronta palmare 33 e le divergenze tecniche

La situazione si complica ulteriormente con la consulenza presentata dalla difesa di Alberto Stasi, condannato in via definitiva nel 2015 per l’omicidio di Chiara Poggi. I periti della difesa affermano che l’impronta sarebbe attribuibile ad Andrea Sempio, attualmente indagato nella nuova inchiesta, e ne evidenziano la presenza di sudore misto a sangue. Una versione nettamente contraria a quella della Procura, che considera impossibile stabilire la presenza di tracce ematiche, e opposta anche a quella dei consulenti della famiglia Poggi e della difesa di Sempio, secondo i quali l’impronta non è attribuibile con certezza a nessuno e non risulta insanguinata.

Queste differenti interpretazioni tecniche si inseriscono in una disputa procedurale che si fa sempre più intensa. L’avvocato Tizzoni richiama l’articolo 358 del codice di procedura penale per sottolineare che non è necessaria l’irripetibilità dell’accertamento, ma basta la prevedibilità che nel dibattimento possa essere disposta una perizia con tempi superiori a sessanta giorni. Pertanto, secondo Tizzoni, così come l’incidente probatorio era stato esteso ai fogli di acetato con le impronte, analogamente si sarebbe dovuto fare per l’impronta palmare.

Dispute procedurali e posizioni contrapposte delle difese

Non solo la Procura si è opposta all’estensione dell’incidente probatorio all’impronta 33: anche le difese di Sempio e di Stasi hanno manifestato contrarietà, pur partendo da posizioni teoricamente opposte. Entrambe le parti sembrano non voler anticipare in questa fase ciò che potrebbe essere oggetto di perizia in un eventuale processo, il quale al momento resta solo un’ipotesi in attesa della decisione sul rinvio a giudizio.

Il punto di rottura rimane il sospetto, più volte espresso dai legali della famiglia Poggi, che le scelte della Procura attuale favoriscano la difesa di Stasi piuttosto che un accertamento imparziale e trasparente dei fatti. Tale sospetto trova ulteriore riscontro nella recente consulenza della parte avversa, che pur non costituendo un nuovo elemento probatorio, riporta all’attenzione pubblica l’enigma irrisolto dell’impronta palmare, potenzialmente portatrice di risposte ancora mancanti a diciotto anni dal delitto.

Nel frattempo, il procedimento giudiziario procede tra dichiarazioni contrapposte e strategie difensive che confermano la profonda divisione tra le diverse interpretazioni della giustizia. È evidente che il caso Poggi non è ancora chiuso e che ogni nuovo elemento scientifico o procedurale rischia di aprire nuovi fronti di confronto legale.

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