
Marina Abramović, una delle figure più iconiche della performance art contemporanea, ha dedicato la sua autobiografia Attraversare i muri a raccontare la propria straordinaria esistenza e carriera. Il libro non è solo una narrazione personale, ma un’estensione della sua arte, un’immersione nelle sue esperienze più intime, nei suoi dolori, nelle sue scoperte artistiche e nei momenti che hanno definito il suo percorso. Con uno stile diretto e coinvolgente, l’artista ci guida attraverso una vita fatta di sacrifici, relazioni intense e performance che sfidano i limiti del corpo umano.
Un’infanzia disciplinata e una ricerca incessante
Nata nel 1946 a Belgrado, in una Jugoslavia postbellica sotto il regime di Tito, Marina cresce in una famiglia rigida e comunista, con genitori eroi di guerra. Il controllo materno e una disciplina severa segnano la sua infanzia, un periodo in cui è costretta a vivere sotto un coprifuoco stretto e a seguire regole spartane. Nonostante questo, fin da giovane, la sua curiosità e il desiderio di esprimersi artisticamente emergono con forza, gettando le basi per il suo futuro. La sua infanzia segna l’inizio di un percorso che la spingerà a esplorare i limiti fisici e psicologici, tanto attraverso l’arte quanto nella vita personale.

Il passaggio alla performance art
Anche se inizialmente si avvicina al mondo dell’arte attraverso la pittura, è con la performance che Marina Abramović trova la sua vera espressione. Negli anni ’70 inizia a sfidare i confini del corpo e della mente, creando performance che mettono in discussione le convenzioni artistiche dell’epoca. Le sue opere diventano veri e propri esperimenti di resistenza fisica e psicologica, un’arte che esplora la trasformazione spirituale attraverso il dolore e la vulnerabilità. Le sue performance sono un invito al pubblico a vivere una connessione profonda, non solo con l’artista, ma con le emozioni umane più universali.
L’incontro con Ulay e la fine di un’era
Un capitolo fondamentale della sua autobiografia riguarda la relazione con Ulay, un altro grande nome della performance art. La loro storia, fatta di amore e collaborazione artistica, dura dodici anni. Insieme, creano alcune delle opere più significative della performance art, vivendo un’esistenza nomade, viaggiando in Europa a bordo di un furgone. La separazione che segna la fine del loro rapporto avviene sulla Grande Muraglia Cinese, un gesto simbolico che rappresenta la conclusione di un capitolo fondamentale della vita e carriera di Marina Abramović.
“The Artist is Present”: un trionfo al MoMA
Nel 2010, al MoMA di New York, Marina Abramović presenta una delle sue performance più iconiche: The Artist is Present. Per più di 700 ore, migliaia di persone si siedono di fronte a lei in un silenzioso dialogo che diventa una riflessione profonda sulla connessione umana e sul significato dell’arte. Questo evento segna la consacrazione di Abramović come una delle artiste più influenti del nostro tempo, mentre la performance stessa diventa un momento di grande impatto emotivo e sociale.
Una continua ricerca oltre i limiti
Attraverso Attraversare i muri, Abramović riflette non solo sulla sua carriera artistica, ma anche sul significato profondo della sua arte. Il dolore, la paura, lo sfinimento sono, per lei, strumenti di esplorazione. Ogni performance è un invito a superare i limiti fisici e psicologici per raggiungere una trasformazione emotiva e spirituale. Con questo libro, Marina ci regala una testimonianza di coraggio, passione e perseveranza, confermando la sua posizione di pioniere nell’arte contemporanea.
Attraversare i muri è quindi molto più di un’autobiografia: è un’opera d’arte in sé, un racconto che celebra una vita dedicata all’arte, alla sperimentazione e alla ricerca della verità attraverso l’espressione umana più pura.