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Omicidio di Garlasco: critiche della famiglia Cappa agli inquirenti

Chi ha realmente diretto la prima fase delle indagini sull’omicidio di Garlasco? Chi ha deciso cosa fosse importante e cosa dovesse rimanere escluso dalle prove? A distanza di 18 anni dal delitto, una nuova inchiesta porta alla luce intercettazioni mai completamente analizzate. Al centro dell’attenzione, ancora una volta, la famiglia Cappa, cugini della vittima.

Il 13 febbraio 2008, Stefania Cappa ha espresso il suo disappunto agli inquirenti: “Ho detto: potete prendere tutto da casa mia! Le biciclette, le scarpe, tutto! Ma il tutore di una persona malata! Mi fate ridere! E loro: Stefania calmati; no io non mi calmo per un caz…! Gliel’ho detto!”. Quel giorno, insieme alla madre, è stata interrogata per l’ultima volta. Durante l’interrogatorio è stato sequestrato il tutore ortopedico della sorella Paola, oggetto di ulteriori indagini.

Rabbia Telefonica

La telefonata è un’esplosione di rabbia. Stefania continua: “Avete paura di un… di un caz.. di Giarda che vi dice tre parole o della Muscio che prima mette in carcere uno e dopo tre giorni fallisce perché la Pravon glielo scarcera per… perché è una fallita, sono caz.. vostri!!!”. Poco dopo aggiunge: “Mio papà si è incazz… come una iena”. Il riferimento è a Ermanno Cappa, padre delle due ragazze e avvocato.

Le intercettazioni proseguono, e Stefania non si ferma: “C’era il comandante Cassese — prosegue — e lui sa che io ho il carattere che veramente sputo sangue, e mi fa: bene Stefania. E io: bene un caz…”. Racconta poi come avrebbe affrontato gli investigatori: “Ho detto: io fino adesso ho collaborato con voi e… anche queste cose nuove… alla luce ehm…. delle indagini che… che secondo me saranno molto utili per inquadrare meglio il tutto di quello che è… non le ho mai… non le ho dette a nessuno, solo a mio padre, non sono neanche riuscita a dirle a Tizzoni, quindi io comunque sto collaborando nel pieno del silenzio delle indagini, non… non sono andata da nessun giorna… qualsiasi giornalista se dovessero chiamare se dico: guarda che mi hanno interrogata, mi becco un frac… almeno cinquantamila euro per andare a Matrix e centomila per andare a Porta a Porta!”.

Bicicletta e Chiavi

Oggi, gli investigatori vedono in quelle urla telefoniche anche omissioni e dettagli non approfonditi. Come la bicicletta Raleigh presente in casa Cappa, o il mazzo di chiavi con antifurto di casa Poggi, che erano in loro possesso e non furono sequestrati. Inoltre, tra il 24 e il 27 settembre 2007, data della scarcerazione di Alberto Stasi, è stato ascoltato il testimone Marco Demontis Muschitta, che prima accusa Stefania e poi ritratta.

Nel frattempo, la giovane intrattiene ventuno comunicazioni con i genitori: diciotto sono considerate irrilevanti, ma tre restano. La prima è del 27 sera: “Ermanno parla con Stefania della strategia che devono adottare per denunciare giornali, riviste, tg, ecc”. La seconda del 28: “Il padre dice che Stasi è stato scarcerato, quindi di evitare i giornalisti”. La terza poco dopo: “Stefania parla con la mamma e dice se può andarla a prendere visto che hanno scarcerato Stasi, così evita i giornalisti”.

Relazioni con la Stampa

Nonostante le precauzioni, Stefania continua a mantenere contatti con la stampa e la tv. A un amico dice: “Ma a chi è che non sta sul caz… cioè… e questo ha avuto il coraggio il martedì sera di andarsi a fare la partitina a calcetto”. È il 19 novembre 2007. Nello stesso giorno, si rivolge a un’inviata di Chi: “Ti saprei dire nomi e cognomi delle ex e delle nuove di Marco Panzarasa e Alberto Stasi — includendo anche l’amico del bocconiano — ho di quelle informazioni che… ci vediamo domani mattina al bar dell’università, ti faccio vedere il mondo!”. In cambio chiede un favore: “Ma su di me uno scoop mai eh — suggerisce — la povera studentella che deve vivere con… con la bicicletta, senza computer, questi sono articoli giusti”.

Il rapporto più stretto, però, lo costruisce con un inviato del Tg5. Gli viene chiesto: “Quel bel dialogo del 17 agosto, in caserma, tra te e lui”, riferito a Stasi. E lei confida: “Non può essere che si è fermato a dormire lì? E ha scritto lì tanto per lavorare su un pc”. Poi aggiunge con tono orgoglioso: “Eh lo so sono troppo investigativa su queste cose”. E ancora: “Ti do un milione di elementi su cui poi valutare andare a braccare le persone giuste”.

Paura della Fuga di Notizie

Ma quando la teoria finisce in un’intervista video, la tensione esplode. Stefania si spaventa: “Ma tu ti rendi conto, che io non posso mandare in onda una cosa… cioè lì è violazione del segreto istruttorio, del 17 agosto?”. Teme la reazione del padre: “Stamattina lui ha chiamato il mio direttore — racconta l’inviato — per dirgli ah! l’intervista non, non lo so non voglio che vada in onda”. Il tentativo di accordo fallisce: “Senti, allora me lo farà Mimun”. E infine, l’intercettazione più emblematica. È il 12 dicembre. Il padre, avvocato, rassicura la figlia: “Stai tranquilla che l’indagine va avanti come si deve che quel cretino lì se devono incastrarlo lo incastrano”.

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