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Settecento anni dopo: con Dante la lettura si fa strada

Di Antonio Capitano

Dante lo chiamiamo per nome. Come un amico, un confidente, un vicino di casa con il quale andiamo d’accordo. In coincidenza con l’inizio del nuovo anno scolastico, nella notte tra il 13 e 14 settembre del 1321 il Sommo Poeta concludeva la sua vita terrena, ma si tratta di una data che costituisce un “semplice” anniversario per ricordare che sono passati 700 anni da questo avvenimento. In “realtà” Dante sarà sempre un nostro contemporaneo e le sue parole farmaci naturali per trovare il rimedio più efficace alla nostra necessità di affrontare la vita o, per meglio dire, l’esistenza. Abbiamo il dovere di delocalizzare questa immensa figura del panorama culturale di tutti i tempi. Abbiamo la necessità di una costante ricerca letteraria, spazzando la supponente polvere accademica per uscire dagli schemi tradizionali e andare verso la gente, verso chi non legge, verso chi considera Dante materia per pochi. Occorre semplificare e applicare il messaggio dantesco alla vita. Non più citazioni, ma attuazioni. Nei piccoli e grandi microcosmi.

Cominciamo a “leggere” oltre per capire, per essere pienamente contemporanei di Dante e del futuro e allora cominciamo ad affrontare questi versi, con comportamenti di-versi….
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza.
Nella mia qualità di Ambasciatore della Lettura recentemente nominato dal Cepell (Centro per il Libro e la Lettura del Ministero della Cultura) ritengo che nel nome di Dante la cultura e la lingua italiana devono rigenerarsi attraverso la promozione della lettura e la rilettura suoi scritti con una capacità critica che possa consentire un rapido assorbimento non solo nozionistico, ma anche e soprattutto coscienzioso. Una presa di coscienza per rendere ogni luogo, un luogo dantesco. Non importa se quel luogo non sia stato “toccato” dalle parole del poeta, il senso più profondo di una ricerca è quello di consentire al messaggio di giungere a destinazione o in più destinazioni.

In questo donne e uomini di buone volontà sono fondamentali per consentire lo scorrere di questa fonte inesauribile, in modo particolare in terreni aridi oppure abbandonati da coltivatori che non hanno la pazienza di aspettare un raccolto. Siamo noi chiamati in prima persona all’irrigazione di contesti obiettivamente difficili. E’ davvero semplice parlare di Dante per l’ascolto di coloro che sanno di cosa si sta parlando. Ma sono e saranno sempre platee limitate anche se composte da pensatori di lunga esperienza. E’ nella capacità di “ricercare” che si compie quella straordinaria operazione di avvicinamento e di riscoperta.

A ben pensarci noi ci troviamo, molto spesso, nella condizione di buio naturale e sopravvenuto. A fronte dello spegnimento della luce, metafora che ne contiene infinite, siamo costretti a trovare “lanterne” alternative che possano illuminarci il percorso. E non parliamo solo di percorsi culturali, ma anche e soprattutto vitali. Tutto nella Commedia è Divina indicazione, segnaletica essenziale del viaggio esistenziale. Dante è il nostro “cartello stradale” di ogni tappa della nostra percorrenza in ogni luogo della nostra permanenza:
O de li altri poeti onore e lume,
vagliami ’l lungo studio e ’l grande amore
che m’ha fatto cercar lo tuo volume.
(Inf., I, 82-84)

“Oltre la tempesta. Riflessioni per un nuovo tempo dopo la pandemia”

Eppure o e pure? Ecco come si scrive