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Quando il dialetto non è solo una lingua, ma un patrimonio da salvaguardare

Torna in libreria il monumentale lavoro del filologo tedesco Gerhard Rohlfs dal titolo Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, edita da Il Mulino. Un’opera fondamentale per lo studio e la conoscenza della lingua italiana e non solo

di Mimmo Cacciola

Dopo quasi un cinquantennio dalla sua prima apparizione La grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti (Editore Il Mulino, Collana Collezione di testi e di studi, pagg.596, 3 volumi euro 110,00) a cura del filologo tedesco Gerhard Rohlfs (1892-1986) torna ad entusiasmare appassionati e nuove generazioni di studiosi.

Giustamente si legge nelle note della casa editrice: “Un’opera fondamentale, un’autentica pietra miliare per lo studio e la conoscenza della lingua italiana, delle sue varietà dialettali e della sua storia. Frutto di quarant’anni di lavoro e di paziente raccolta di dati sul campo, i tre volumi forniscono un repertorio completo e insostituibile dei suoni, delle forme e delle strutture dell’intera area linguistica italiana. Pubblicata per la prima volta nel 1966-1969, la «Grammatica storica» di Rohlfs torna in un’edizione arricchita di nuovi materiali e resa possibile dalla stretta collaborazione con l’Accademia della Crusca. Questo primo volume, sulla fonetica, si affianca agli altri due: il secondo dedicato alla morfologia, il terzo alla sintassi e alla formazione delle parole”.

Il lavoro dello studioso che ha molto lavorato ed indagato e ricercato anche sulle lingue meridionali ha entusiasmato anche Pietro Citati che ne fu amico e che scrive di lui su Repubblica proprio adesso a pochi giorni da questa importantissima riedizione:

Consideravo Gianfranco Contini un dio, ed ero andato a trovarlo a Domodossola, nella casa del padre capostazione. Insegnava ancora a Friburgo, e solo nel 1952 sarebbe passato all’Università di Firenze, e poi alla Normale di Pisa. Avevo imparato moltissimo dalla sua edizione delle Rime di Dante; stava curando i poeti del Duecento in due grossi volumi, che giunsero a Cino da Pistoia, per Ricciardi, nella collana di Raffaele Mattioli. Contini mi fece conoscere i suoi colleghi, i suoi amici, i suoi allievi, lo straordinario padre Giovanni Pozzi, per esempio. Contini ebbe l’idea, con Gerhard Rohlfs, di mandarmi da lui a Monaco di Baviera. Era ancora il 1951, quando su loro suggerimento, mi iscrissi alla Facoltà di Lettere romanze dell’Università di Monaco, ancora ricoperta di rovine e di neve. Non fu così semplice. Poiché l’insegnamento in Germania era semestrale, ai periodi di insegnamento all’estero avrei alternato quelli nella scuola italiana, e iniziai da Frascati, come modesto professore all’Avviamento professionale. Mi divertivano molto quei ragazzi spesso stravaganti, rozzi ed elementari. Mi appassionava spiegare loro I promessi sposi o I fratelli Karamazov o libri avventurosi”.

Nelle parole dello scrittore si intuisce l’importanza non solo dell’uomo, quanto dello studioso, del suo impegno, della sua costante e precisa ricerca, tipica del carattere tedesco.

Ancora leggiamo e riportiamo dalla bellissima testimonianza di Citati su Repubblica: “A Monaco, con Rohlfs, vissi con grande felicità in un quartiere incantevole. Dapprima in Montenstrasse, poi in Romanstrasse, ambedue vicino al fiume. Insegnavo Italiano a quella Università come lettore di lingue latine, tra giovani studenti tedeschi che mi trattavano con ridicolo rispetto da maestro, sebbene ridacchiassero al mio tedesco. Avevano pochi anni meno di me. Avevo fatto amicizia anche con l’assistente di Rohlfs, Rudolf Baehr, studioso di Guittone d’Arezzo, di poesia medievale, di Chrétien de Troyes, che mi traduceva gli articoli che scrivevo. Incominciarono a venire tutti quanti da me in Italia: Baehr con moglie e figli, Rohlfs solo con la moglie. Prima a Cervo, dove ricordo Rohlfs tutto rosso di una insolazione, innamorato dei pomodori. E grandi abbuffate nei ristoranti, gavazzando dalla Liguria fino alla Toscana, nella nostra casa. Rohlfs un po’ grassotto o per dire in carne, non particolarmente spiritoso, ma con il suo bell’italiano; e quando venne Contini, volle che si parlasse di Croce, di cui non sapeva nulla. Rohlfs, che aveva scoperto la varietà dei dialetti italiani tra i prigionieri della prima guerra, scambiandone alcuni per greci, e dal 1921 era sceso in Calabria, era uno di quei tedeschi innamorati dell’Italia come i tedeschi sono sempre stati, che tuttavia tornavano dopo le tragedie della guerra. Dei dialetti era ovvio che si discutesse. Rohlfs mi insegnava la lingua meridionale italiana, mi faceva domande su quella piemontese e su quella ligure, che io conoscevo benissimo, sebbene non dichiarassi propensioni per i dialetti. Rohlfs continuava ad arricchire il suo capolavoro: la Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, che sarebbe stata pubblicata in tre volumi da Einaudi tra il 1968 e il 1969, e ora la Crusca ristampa con il Mulino. Per me l’immersione di studi a Monaco, coincise con l’interesse per Goethe, che iniziai a studiare allora”.

Gerhard Rohlfs (1892-1986) ha insegnato Filologia romanza nelle Università di Tubinga e Monaco. Fra le sue opere maggiori in italiano è doveroso ricordarne alcune: «Dizionario dialettale delle tre Calabrie» (1932-1939), «Scavi linguistici nella Magna Grecia» (1933), «Vocabolario dei dialetti salentini» (1956-1961), «Studi e ricerche su lingua e dialetti d’Italia» (1972).

Gerhard Rohlfs
Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti
Il Mulino, 2021

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