Il profondo dialogo artistico tra 35 opere di Massimo Campigli e circa cinquanta reperti etruschi è il protagonista di una mostra che si tiene a Venezia negli spazi espositivi di Palazzo Franchetti, a cura di Franco e Alessia Calarota.
Si tratta di opere che spaziano dal 1928 al 1966 e evocano atmosfere, colori e impostazioni che fanno riferimento alla civiltà etrusca, tanto influente nella produzione artistica di Campigli. Molti dei reperti vengono esposti per la prima volta e sono opere consegnate da chi le ha rinvenute o recuperate da sequestri a privati. Per lo più statuette votive, me cui forme espressive hanno ispirato l’artista, specie per ritrarre figura della donna.
È proprio l’universo femminile, la “donna anfora”, al centro dell’universo creativo di Massimo Campigli: il suo feminino sacro è di un’eleganza geometrica, impreziosito da gioielli dipinti con quella “pagana felicità” più volte richiamata dall’artista stesso.