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Le terre di Scarciafratta: un teatro di fantasmi e di visioni

È disponibile in libreria, stampato dai tipi di Minimum Fax, l’attesissimo nuovo romanzo di Remo Rapino che dopo i successi ottenuti al Campiello del 2020 prova a bissare con questo Cronache dalle terre di Scarciafratta. Lo scrittore consegna ai lettori un mondo di fantasmi e visioni, direttamente da quella straordinaria e ricchissima periferia del mondo che è la nostra provincia

di Mimmo Cacciola

Remo Rapino ritenta la fortuna editoriale avuta col suo precedente romanzo dal titolo Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (che gli valse il Campiello nel 2020) e per farlo si inerpica sui crinali d’Abruzzo per raccontarci di Mengo abitante di Scarciafratta, ultimo testimone sopravvissuto alla rovina del tempo e del cataclisma che ha quasi cancellato gente, cose e memoria. Il romanzo si intitola Cronache dalle terre di Scarciafratta (Editore Minimum Fax, Collana Nichel, pagg. 208, € 16,15) ed è un lungo racconto sospeso tra fantasmi e visioni, debiti da saldare con i morti e riconciliazioni da operare coi vivi

Proseguendo lungo il sentiero inaugurato da Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, – si legge nelle note licenziate dalla casa editrice – in questo romanzo corale Remo Rapino continua a raccontarci tra risa e lacrime l’epopea degli ultimi, degli «spasulati» e dei folli della sua regione, e a restituire la dignità di un nome a chi è stato derubato anche della memoria. Scarciafratta è una Macondo d’Abruzzo. Inerpicata tra i crinali dell’Appennino, è un teatro di fantasmi e di visioni. Un terribile terremoto, la Cosa Brutta, l’ha svuotata. Le case sono ridotte a pietre che rotolano e si sfarinano, ma continuano a parlare. Sulla Rocca resiste per anni soltanto un uomo, Mengo, seduto su un uscio sotto un cencio di luna insieme a Sciambricò, un cane pastore di quindici anni dagli occhi chiari. Scavando tra le macerie della scuola ha trovato i quaderni dei bambini, e anche un registro dell’Ufficio anagrafe che un impiegato «sfastognato di timbri a bollo tondo e di certificati» aveva riempito di nomi, date, nascite, morti e sposalizi, di tutte le storie perdute del paese. Alla fine della sua vita, per «ridare voce a quelli sommersi dalla morte», Mengo le trascriverà una per una, a Villa Adriatica, la casa di riposo dove viene ricoverato. Fino all’alba del 21 luglio 1969, quando Neil Armstrong e Edwin Aldrin sbarcano sulla luna, e lui termina di scrivere l’ultima lettera”.

Nella cultura ebraica li chiamano shlomo che sarebbe come dire “pacifico” essere umano che non farebbe male ad una mosca, magari un po’ tocco, ma presago di cose belle e butte, un po’ idiota, un po’ sapiente.

Come potrebbe essere Mengo che custodisce sé stesso e la propria identità a dispetto di tutto e di tutti, perfino del destino e della natura arrabbiata.

Eppure, a pensarci bene, quanti tesori se ne stanno da sempre nascosti tra macerie e nessuno li nota, nessuno li scava, nessuno gli ridà vita: solo perché sembrano essere senza alcun valore, come potrebbero essere, appunto, dei poveri quaderni di scuola.

Mengo, allora, ci vuol dire che il passato, quello semplice, comune, che non sta sui libri di storia e che si chiama vissuto o microstoria non sempre è inutile e che, anzi, può raccontarci storie incredibili oltre che vere, le storie di noi tutti semplici e sconosciuti, per una volta protagonista reali della nostra storia di essere umani viventi.

Remo Rapino, nato nel 1951 è stato insegnante di filosofia nei licei. Ha pubblicato i racconti Esercizi di ribellione (Carabba 2012) e alcune raccolte di poesia, tra cui La profezia di Kavafis (Moby-dick 2003) e Le biciclette alle case di ringhiera (Tabula Fati 2017). Nel 2020 ha scritto Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio (Minimum Fax) con il quale ha vinto il Premio Campiello 2020.

Remo Rapino
Cronache dalle terre di Scarciafratta
Minimum Fax, 2021

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