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Torna Utøya, la tragedia contemporanea dell’estremismo razzista

Di Giacomo Barelli

A dieci anni esatti dalla strage torna in scena nei Teatri Italiani “Utoya”. Un testo di Edoardo Erba, la regia di Serena Sinigaglia, con la partecipazione di Arianna Scommegna e Mattia Fabris. Prodotto da ATIR Teatro Ringhiera / Teatro Metastasio di Prato con il patrocinio della Reale Ambasciata di Norvegia in Italia.

Utøya è il tentativo di fare memoria e denuncia senza fare “teatro civile”, è a pieno titolo una tragedia contemporanea.

“Guardare ad essa è come guardare a Medea, a Edipo, a Baccanti, con la sola differenza che quanto qui viene narrato è accaduto davvero. E, forse, potrebbe ancora accadere se non facciamo attenzione a chi siamo, a quale società stiamo contribuendo a costruire, al mondo che vogliamo lasciare in mano ai nostri figli… vogliamo riflettere su quei giorni e fatti di Norvegia e su quello che muovono. Vogliamo anche trovare come queste cose risuonino nelle vite di ognuno di noi, come da gesti piccolissimi si possa finire per diventare conniventi di un sistema ‘violento’ e razzista, perché la paura del diverso si può tradurre in molti modi e forme” questo il commento della registaSerena Sinigaglia.

Il 22 luglio 2011 Anders Behring Breivik compie due attentati, al Palazzo del Governo ad Oslo e sull’isola norvegese di Utøya, dove era in corso un raduno di giovani del Partito Laburista. Perdono rispettivamente la vita 8 e 69 persone, tra cui ragazzi tra i 12 e i 20 anni: una delle vicende più gravi che abbia colpito l’Europa. Il testo di Edoardo Erba, scritto con la consulenza di Luca Mariani, autore del libro Il silenzio sugli innocenti uscito nel 2013 per Ediesse editore, indaga la natura e l’origine di questo oblio.

In scena la storia di tre coppie, legate in modo diverso a quanto accadde durante quel giorno terribile e interpretate tutte da Scommegna e Fabbris, marito e moglie, genitori di un’adolescente obbligata dal padre ad andare al campus; due poliziotti in servizio sulla sponda di fronte all’isola; fratello e sorella, proprietari di una fattoria che confina con la casa di un “troll”, un individuo sospetto che si scopre poi essere Breivik. Le loro vicende sono il mezzo che permette di scavare a fondo delle ragioni stesse della violenza come manifestazione di disagio, entrando nelle crepe di una società impossibilitata a prevenire questi atti perché incapace di connettere il tessuto sociale.

Edoardo Erba cosi descrive il suo lavoro: “scrivere un testo su quanto è avvenuto a Utoya, in Norvegia, nel 2011 è un’impresa impegnativa. Sì, d’accordo, di quell’evento si è parlato troppo poco e male, e il libro di Mariani colma un po’ una lacuna di comunicazione per certi versi scandalosa. Ma il Teatro non è il luogo della documentazione e dell’informazione in primis, è la sede di una riflessione. E la riflessione su un avvenimento del genere sconcerta: non è un gesto di follia, ma contemporaneamente lo è. Non è cospirazione politica, ma contemporaneamente la è. Non è un esempio di inefficienza dei sistemi di difesa, e tuttavia lo è. Non è un caso di occultamento dell’informazione, però lo è.

Ciò che il Teatro, anzi la mia scrittura teatrale, può fare dentro questo labirinto è trovare dei personaggi che lo percorrano e che ce lo restituiscano attraverso il filtro della loro personalità e dei loro rapporti. Così con Arianna, Mattia, Serena e Luca, compagni in questa avventura, abbiamo scelto di tornare là, in Norvegia, quel terribile 22 luglio del 2011, a osservare tre coppie coinvolte in modo diverso in quello che stava accadendo. Proverò attraverso di loro a spalancare una finestra di riflessione, che se non ci darà tutto il filo per uscire da quel labirinto, per lo meno a sprazzi, ne illuminerà alcune zone oscure con la luce della poesia.”

Una tragedia contemporanea che fa  riflettere su quei giorni e quei  fatti di Norvegia e su quello che muovono nelle vite di ognuno di noi e su come da piccoli gesti  si possa finire per diventare conniventi di un sistema ‘violento’ e razzista, perché la paura del diverso si può tradurre in molti modi e forme di cui oggi abbiamo drammatiche testimonianze anche nel nostro paese.

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