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«120 di Laterza: “la casa”, il peso delle parole e il tradimento del luogo»

A cura di Riccardo Piazza

Aveva avuto ragione il Direttore del Dipartimento di Lettere Moderne, Giovanni Solimine, nel dire che non avrebbe mai creduto di riuscire in una sola giornata a raccontare i 120 anni della storia della Casa Editrice Laterza. Nonostante lo scetticismo, grazie agli interventi che si sono susseguiti nel corso della giornata, La Sapienza e parte del proprio corpo docenti ha reso onore alla storica casa editrice barese. Il primo intervento è affidato alla Professoressa Alessandra Tarquini, la quale analizza il difficile passaggio dagli inizi della Gius. Laterza & figli e del sodalizio con Benedetto Croce sino agli anni Cinquanta e la gestione di Vito Laterza. Come sottolineato dalla storica, non v’era stato solo un cambio ai vertici o delle diverse scelte editoriali ma un nuovo contesto culturale col quale confrontarsi. Un contesto che cercava il più presto di trovare dei colpevoli (identificati in parte in Croce e totalmente in Gentile) e che cercava di superare i “vecchi modelli” come evidenziato da Togliatti nel 1949. «Bisogna vedere se gli editori sono all’altezza della Nazione» così aveva sostenuto parlando della crisi del libro e dell’editoria e Vito, tra le critiche di Bobbio e le interpretazioni del fascismo di De Felice aveva capito che doveva realizzare «una casa editrice volta alla costruzione di una realtà democratica» (per riprendere le parole di Fiore). Prima di tutto, si scelgono un gruppo di persone con diversi punti di vista e non più un unico rapporto (come con Croce); inoltre, si sarebbero analizzate le problematiche della realtà, tenendo sempre in considerazione la tradizione culturale ai fini, però, di contributi alla recente storia politico-culturale. La storia della casa editrice è anche la storia della questione meridionale. Vito, tramite Fiore, affronta la questione con il libro Un popolo di formiche, nel quale le tematiche vengono affrontate senza retorica ma con lucidità. Di Croce, rimarrà l’ideale che gli intellettuali non possono rimanere a casa.

Il secondo intervento è del Professor Luca Serianni, il quale affronta il tema della linguistica per la Casa Editrice. Una CE che, come ha puntato su Benedetto Croce, ha saputo puntare anche sul linguista Tullio De Mauro che, nel 1963, pubblica La storia linguistica dell’Italia Unita: per la prima volta viene scritta un’opera di linguistica innervata di contesti demografici, culturali e politici rivolta ad un gruppo molto più ampio. Questa centralità, dirompente con la classicità, ha di fatto costituito il precedente per una scuola di linguistica.

Meno accademico ma più sentito è stato il discorso della Professoressa Simona Colarizi che quando parla di Laterza, parla prima di tutto di casa. Della sua casa. Negli anni in cui la storia contemporanea non esisteva e il 1968 portava gli studenti a viverla sulla loro pelle piuttosto che sui libri. Gli anni del Professor Romeo, di Renzo De Felice e di Vito Laterza. Al centro della contestazione c’era anche e soprattutto la storia. Lo spirito del rinnovamento era nella ricerca del passato. Nel 1970,  Vito Laterza pubblicava il vivaio dei giovani studiosi che erano accorsi in questo nuovo modo di affrontare la storia. Laterza si fa dunque portatrice della storia più calda, quella contemporanea. Attenzione verso la storia, confermata anche dall’intervento del Professor Amedeo Feniello, il quale ha mostrato attraverso delle diapositive, l’incremento delle pubblicazioni Laterza verso la fine degli anni Sessanta in tale ambito.

Ma come sottolineato più volte durante la giornata tanto dal Professor Giorgio Nisini, quanto dagli interlocutori presenti, Laterza non è solo imprenditoria, né tantomeno un mero catalogo bensì è la portatrice di un messaggio. Un messaggio di valore civico, come segnalato da Nicola Attadio di Officina Letteraria. Un messaggio veicolato nella sua storia più lontana, così come nella sua più recente, da un fondamentale apporto grafico, mostrato con orgoglio dalla grafica Silvana Amato. Ma soprattutto un messaggio di spirito nazionale che deve essere portato avanti dall’editore quanto dal libraio, divulgatore e portatore di memoria, come evidenziato da Davide Vender della Libreria Odradek. Nonostante l’involuzione culturale del paese la Casa Editrice, continua Davide, così come la libreria «deve essere un presidio culturale». Infine i protagonisti di oggi, Alessandro e Giuseppe Laterza, parlano rispettivamente dell’importanza del tradimento del luogo natio per emergere sul piano nazionale e di quanto sia fondamentale la comunità della casa editrice che condivide dei valori uno spirito comune.

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